-Lettre du 3 juin 1608 (de Rome) : plaidoyer pour l’examen autoptique “ [59r] Molto illustre signore mio osservandissimo, Io ricevo la perdita di tante cose belle, et così rare mandatemi dalla benignità di Vostra Signoria per hieroglifico de’ meriti miei, i quali on essendo in effeto equivalenti a tante amorevoli dimostrationi, non è maraviglia, se la fortuna, che già buon tempo mi contrasta in ogni cosa, ha voluto finalmente trionfare in questa; sia lodato Dio benedetto: dico à Vostra Signoria brevemente più che posso tutto il successo del negotio, cominciando dall’autore stesso. Il Mazzei è persona che ha fatto sempre male i fatti suoi, et qual che se ne fosse la cagione, pochi anni sono, lasciata la spada si diede alla vita heremitica, et in habito assai rozo er duro praticò publicamente per la città di Roma: non passarono molti mesi che havendo occasione di venirsene in Francia, gettato il mantello, et i pensieri solitari, ripigliò la spada et se ne venne a cotesta corte; dove non gli succedendo le cose conforme a’ voti, diliberò di ritornarsene in Italia; nel che fu favorito da Vostra Signoria quanto ella sa: hora per non ritornar qui soldato, donde se ne partì heremita, smontato à Pisa, si vestì da frate con habito aspro, et simile à quello de cappuccini, se non che non vi ha cappuccio: ha ottenuto dal vescovo di Viterbo un picciol luogo in quel territorio, dove egli si sta con tre, o quattro compagni tutti vestiti alla medesima foggia, et egli è il capo, et superiore, senza altro: che vita si facciano, io non ne so più oltre. Egli venne l’anno passato di settembre à Roma, et havendomi trovato, mi domandò se mi era capitato certa cassetta da Pisa; et essendoli da me risposto, non haver ricevuto cosa niuna; ne pur haverne havuto altro aviso mai che’l suo, egli mi raccontò, essergli stata data una scatola da Vostra Signoria perche la ricapitassi in Roma in man mia, et haverla consignata nella Dogana di Pisa con commissione, che fosse mandata a Roma; poiche per essersi egli fatto frate, non poteva attendere al negotio: et quanto mi disse a bocca di questo fatto, tanto ne scrisse di man propria nello studio mio, aggiungendovi ancora i nomi delle persone alle quali si dovea far capo così in Pisa come in Fiorenza: Io, non conoscendo chi per autorità, et per cognitione de’ luoghi, et delle persone fosse più à proposito pe’l negotio, ne pregai il signore Ambasciador di Fiorenza, il qual dopo haver scritto et rescritto più volte à Pisa, et à Fiorenza, è venuto finalmente in notitia, [59v] che il Mazzei lasciò la cassetta nella dogana di Pisa, et che poi, giunto a Fiorenza, scrisse che gli fosse mandata, come fu fatto: et se bene questa sua lettera di commissione non si è ritrovata, hanno però essaminato testimonij, et mandato il lor testificato à Roma, che depongono essere stata detta cassetta da Pisa in Fiorenza in mano del Mazzei che l’haveva richiesta; et frà gli altri si è essaminato il Navicellaio proprio che la portò onde come Vostra Signoria vede, la fraude apparisce molto chiaro: et hor che io ho aviso delle cose che erano nella scatola, penso, se il Mazzei torna à Roma, di farlo carcerare se ben con poca speranza di alcun profitto. Mi duole la perdita di così belle cose; ma non mi posso dar pace, considerando, che per me Vostra Signoria se ne sia privata; dico quando anco non si fossero perdute, che certo corrono hoggi tali tempi, che io penso quasi più tosto à privarmi d’ogni cosa, che ad accrescerle in 2 modo niuno: qual non si può più comperare di simil cose, che stanno gli sbirri per le piazze, levandone quanta ne trovano; tal che non si può pensar altro, se non che i medesimi sbirri le leverebbero di casa mia ancora dopo che io fossi morto; anzi ne son sicuro; perche in una infermità grave, che io hebbi alcuni anni passati, stettero i sbirri parecchi giorni per tutte le strade di casa mia spiando, se si mandava fuori cosa niuna; la qual cosa fu veduta da miei, et da tutta la contrada, et confermatami poi da diversi Cardinali miei padroni, i quali sentivano dispiacer della mia sorte: ho scritto questo à Vostra Signoria con amaritudine infinita, perche se bene le anticaglie mi sono cagione ti tale affanno, non posso nondimeno impetrar da me medesimo di non amarle; 3 et forse ne manderò hora à Vostra Signoria argomento, che è un discorsetto, che hora à punto andava facendo ad instanza di un amico mio; dico forse, perche non è finito, né mi è dato tempo da finirlo da questo buon padrone, che dee portar questa lettera; il qual parte domane per tempo, ne io l’ho saputo prima di hora, che mi metto à scrivere. Io ho messo insieme molta roba appartenente à diverse materie dell’antichità non intese, o non tocche mai da altre: et fra l’altre cose disegnava di far mentione ancora di molte belle cose dette dalli scrittori di antichità; ma sopra tutto voleva avvertir il mondo di quanti errori notabili erano stati commessi non solo da detti autori, frà quali l’Orsino [60r] era il principale, ma da altri ancora, che fuor della lor professione hanno trattatte (sic) d’anticaglie, come il Cardinal Baronio, et simili: cosa (à mio giudicio, non meno utile et dilettevole, che varia et curiosa, massimamente trattata, senza incorrere in nota di maligno et maldicente: mi pareva di poter essequir questa intentione mia meglio, che alcuno altro, non per eruditione, ma perché ho raccolto io solo più medaglie, et altre anticaglie d’ogni sorte, che due, et forse quattro altri qualsivogliano, che siano stati fin ad hoggi; et quello che più importam et che niuno altro, fuor che Vostra Signoria può promettere, io assicuro il mondo che tutte le cose mie sono legitime, reali, et antiche: In soma signor mio, io non mi ritrovai mai in maggior confusione: sono tentato d’avaritia da alcuni d’Italia; sono stimolato da honore, et dal genio mio, et da amici, et massimamente dal signore Marco Velseri che mi stringe assai à volerle publicare; promettendomi in ciò l’opera et l’aiuto suo tal che quello che mi vien persuaso dal tempo, et dalla ragione, m’è diniegato dalla propria volontà, et dal riguardo degli amici; et per parlar liberamente, non mancano molti qui che mi reputano una bestia, poiché elleggo di dar tanto piacere à quelli che amano le cose mie più che me stesso, et che appena possono aspettare, che io sia morto, con tanto danno della casa mia: in soma sto ambiguo, et prego Dio che mi consigli: et per tale ambiguità può Vostra Signoria pensare questo mi sia doluto, che ella si sia privata di cose così rare. Io non so, se per questa repentina partita del Padrone, potrò mandar à Vostra Signoria cosa niuna: ben non vo restar di rispondere à molte cose, che le son debitore già molto tempo, ancor che io scriva con molta fatica, per l’impedimento mio vecchio del braccio diritto. Dirò prima che io ho nello studio mio 4 l’Eliano molto bello, et il Carausio, ma tristo.Vostra Signoria mi mandò già due impronti di medaglie piccole greche con la testa cornata di un cappuccio simile alla cidari, che ella stimò poter far à proposito dell’Empedocle; io l’aviso che la testa dell’una, et dell’altra medaglie è di Diana; così si trova chiaramente in altre medaglie, et anco in figure; io non le dirò altro in questo proposito, perché può haverne sodisfattione à bastanza in una medaglia di M. Aurelio et L. Vero greca senza testa posta dall’Erizzo à carta 498. [60v] 6. Io ho una moneta di Argento finissimo di Hadriano Papa, senza altro numero, che ha per riverso una croce con lettere attorno VICTORIA D II II: io credo che l’ultime lettere siano queste DNH, cioè Domini Hiesus; sotto vi sono queste chiarissime et molto grandi CONOB. 7. Intorno alla ispositione del Scaligero di quel segno che par croce nelle medaglie di Costantino, cioè che sia un’insegna militare, dico ciò non poter essere, perché, riferendosi le lettere della medaglia à tutto l’essercito, non è conveniente, nPé consueto (consuetudine?) degli antichi , che il segno sia di una minima parte di esso essercito; et certo non potrebbe essere senza molta ingiuria di tutti, che havessero à riconoscere la virtù loro da una cohorte sola: oltre ciò non si ritrova mai in medaglia niuna insegna militare senza hasta; et essendo conveniente di significare la virtù dell’essercito con una insegna militare, certo non si potrebbe far con altra, che con la propria dell’imperadore, che era il labaro: in somma se per poter trattar delle cose antiche bastasse lo studio, sarebbe pazzia, non che cosa superflua il radunar tante cose, et spendere tanti denari in anticaglie; ma è troppo gran differenza dall’imparar una cosa dalli scrittori, o veder la cosa stessa: vegga Vostra Signoria per cortesia quanta quistione è fra grammatici nostri circa la forma del tripode di Apollo; et con meno di due giuli se ne dà sentenza finale dalli antiquarij: io in somma non trovo cosa migliore per ispositione del sopradetto segno, che quella che già dissi à Vostra Signoria in Roma, tratta da Plutarco. 8 Un tempo fu che io credetti, che potesse essere il nodo tanto celebrato d’Hercole; 9 ma Plinio mi contrasta, il qual scrive, che è meraviglia il vedere in quanto breve tempo guarisse una ferita, che sia fasciata col nodo d’Hercole, et io non so vedere, come si possa fare questo segno della medaglia, legando una ferita. Io ho una moneta di Clemente VII o detta grosso, che vale un mezo giulio con una croce nel rovescio fatta di linee quasi nell’istessa maniera della medaglia, tal che forse questa medaglia fu veduta in quei tempi, et interpretata per croce, ma io non credo, che sia croce, perché il diritto di questo segno non è secondo il diritto delle linee, come si fa della croce, ma è transversale, come dinota [61r] bene la figura, che ha da stare in mezo et diritta, et similmente le ha di sotto della medaglia: oltre che io ho un Licinio il minore col medesimo rovescio, et la figura apparisce chiaramente coronata di raggi: et pur i Licinij furono crudelissimi persecutori della croce et della fede nostra. 10 Resterebbe à trattar di quella figura, che si trova frequente in medaglie, che calpesta una figurina, la qual già dissi, che rappresentava la favola di Dafne; ma è materia lunga, et che ricerca altra comodità; ben dico à Vostra Signoria che io ho ritrovato tante cose in conformità della mia opinione, che io comincio à non ne dubitar punto.11 Le medaglie di Tiro che à questo proposito mi furono mandate da Vostra Signoria non hanno figurina sotto, ma hanno fra l’altre cose, la conchilia della porpora tanto famosa: manderò impronti, o disegni di medaglie belle (aggiunto sopra : et chiare) un’altra volta; dalle quali ella potrà riconoscere la medesima conchilia in molti intagli: questo per hora le basterà per aviso. 12 Delle medaglie contornite che Vostra Signoria vide nello studio dell’Erizzo, che hanno da un lato una figura in piede con la scutica, o corona, et con l’una et l’altra; et dall’altro un cavallo, overo una meza figura; et anco alle volte una figura intiera, che tiene il detto cavallo con palme sopra, overo in mano; et lettere del nome di detta figura, io ne ho di tutte nel mio studio, fra le quali ve n’è una di bellezza, et rarità grande, che ha da una banda una figura in piede, che tiene la scutica nella man diritta, et un cavallo per la briglia nella man sinistra senza lettere; dall’altro lato v’è una figura in faccia sopra un carro similmente in faccia tirato da quattro cavalli; la figura ha in fronte una fascia d’argento, o corona, simile al diadema, tiene nella man destra una corona, nella sinistra porta una palma d’argento; i cavalli hanno il pettoral d’argento; et similmente una fascia larga d’argento, che lor pende dalla groppa, et hanno ciasched’un di loro una palma sopra il capo secondo il solito, [61v] ha lettere che dicono FILOROMVS ASTVTV; un’altra ve n’è col circo da un lato; et dall’altro una figura formata fin alla cintura solamente, secondo il solito di queste medaglie; la qual figura ha tutto il petto **** et lavorato di laminette d’argento, che fa una vista molto vaga; dell’altre medaglie simili con quadrighe ordinarie, et altri strani rovesci ve ne ho numero grande. 13 Della medaglia particolar dell’Erizzo, che Vostra Signoria scrive haver veduta in Vinetia con lettere Cosmus Iberi Cursus, ne fa mentione l’Erizzo stesso nel fine dell’ispositione sopra un medaglion greco di Caracalla fatto da Perinthij con due tempij per rovescio à carte 610 dove vederà Vostra Signoria che l’Erizzo legge Cosmus Seracusus; le quali lettere veramente mi pare che tendano più alla perpetua consuetudine di così fatte medaglie: similmente à carte 667 nella ispositione di una medaglia contornita di Alessandro figlio di Mamea fa mentione di haver un’altra medaglia pur di Alessandro col carro del Sole: le quali due medaglie le tengo anch’io fra le mie, et altre ancora pur di Alessandro con la pelle leonina, che non ha veduto l’Erizzo. Ne ho una notabile con meza figura da un lato, che tiene un cavallo, et ha nella destra una scutica, dall’altro lato ha una figura in piede, che nella destra tiene una palma, secondo che à me pare, et nella sinistra ha una corona, et vi sono lettere tali attorno, VRSE VINCAS, che par sia battuta prima che havesse havuto vittoria ne giochi Olimpici o altri che si fossero; la qual cosa à me par molto strana, et nuova, et mi è cagione di molti dubij. Ho havuto altri ornamenti muliebri, cha manderò à Vostra Signoria.16 Ho havuto gli anni adietro un medaglione di Antonino col rovescio di Roma trionfante cioè un carro tirato da quattro cavalli, et è simile al carro che si vede in medaglie d’oro della consecratione di Claudio, et anco in quelle d’argento della consecratione di Vespasiano, su il frontispicio del Carro sta Roma sedente con una hasta in mano, et nel [62r] frontispicio cioè dentro, et sotto la Roma vi è il mondo; da ciascun lato di Roma è una palma grande; il carro è quadrato et è tutto lavorato con certi festoncini molto belli; et nel quadro dinanzi sotto alla Roma vi son lettere ROM nell’altro quadro, che mostra la prospettiva, vi è la lupa bellissima con Romolo, et Remo: ha il cerchio, come quell’Hadriano, che già mostrai à Vostra Signoria. la grandezza è la qui notata: più degna medaglia par che non si possa havere.17 Ne ho havuto un altro pur di Antonino col rovescio di esculapio, quando fu condotto à Roma da Epidauro; vi è la nave grande che lo conduce, et esso si sta in poppa(?) in forma di un gran serpente; vi sono genti (?) in nave; vi è il ponte del Tevere, che hoggi si chiama ponte quattro capi, sotto il qual passa la nave; vi è un bellissimo figurone del Tevere giacente secondo il solito, che par che riceva Esculapio; vi è l’ ** del Tevere, con pruni selvatichi, et edifici molto rozi, et il serpente sta alzato, che par proprio, che dalla nave si getti nell’isola; dove poi fu edificato il suo tempio; vi sono lettere Aesculapius.18 Ne ho avuto parecchi altri molto rari; et ultimamente n’ho comperato uno che era di molto mio gusto: da un lato havea la testa di M. Aurelio, et dall’altra quella di Commodo figliuolo: il Cardinal Borghesi, havendolo saputo, ne havea voglia; ne trovando altra strada, procedette contro il venditore, allegando, che il medaglione era rubato, tal che io perché non patisco quel povero huomo, mi risolvetti à restituirlo; Vostra Signoria pensi il resto; et vegga se io ho cagion di pensar di privarmi di molte cose, et se io son degno di scusa; massim.e essendo in età grave, et poco sana. Bacio la mano di Vostra Signoria et prego Dio, che le doni ogni felicità, et contento. Da Roma, li iii di Giugno 1608.Di Vostra Signoria Molto Illustre (dentro a un tondo: Grandezza del sopradetto medaglione di Antonino) Servitore affettionatissimo. Lelio Pasqualinij » (Carpentras, Bibliothèque inguimbertine, Ms. 1831, f. 59r-62v ; voir Missere Fontana 2009, p. 79, note 270 ; Carpita & Vaiani 2012, n° XXVIII, p. 130-7).