-Lettre du 23 septembre 1610 (de Rome) : « Illustrissimo signore mio osservandissimo [57r] Hoggi sono venuti da me due gentil huomini forestieri, ricercandomi, che io volessi loro mostrare alcuna cosa delle mie anticaglie: et ne’ ragionamenti havuti insieme, essendosi da me fatta mentione di Vostra Signoria Illustrissima come fo spesso per le singolari qualità sue, essi mi hanno detto essere di cotesti paesi, et conoscere lei, et essere di ritorno, et passato domani à punto dover per ciò partire. Io non ho dovuto lasciar così bella occasione di far riverenza à Vostra Signoria Illustrissima per l’osservazione che io le porto: massime non ci essendo in effetto strada niuna ordinaria da scrivere, che sia sicura: ben mi sarebbe stato più grato di haver comodità di tempo di servirla in alcuna cosa; ma essi mi hanno detto, non poter tardare più. Veramente mi veggo havere particolar disgratia in servirla, ma piatienza. Io non so se haverò vittoria nell’interpretare il bellissimo intaglio suo di Etione, come disidero grandemente per sodisfattione sua. Le dico adunque che io credo certo che sia l’Etione heroe re di Thete in Cilicia ucciso da Achille; il qual Etione fu padre di Andromaca la moglie di Hettore: di ciò troverà Vostra Signoria Illustrissima mentione in diversi lochi della Iliade d’Homero, ma meglio nel libro VI presso al fine: di ciò scrive Strabone al lib. XIII Ovidio ancora nel XII della Metamor. accennando à questo, induce Achille à dire di se stesso suoque Aectioneas implevi sanguine Thebas. È da vedere ancora l’epigramma 29 overo come in altri testi ho veduto 31 che fa Callimaco nella statua di Etione posta sopra il sepolchro.Il discorso di Vostra Signoria Illustrissima sopra le colonne d’Hercole è compiuto in ogni parte et se bene io posso più tosto leggerlo con maraviglia, come fo l’altre cose sue, che aggiun-[57v]gervi niente d’importanza; nondimeno perché ella così mi comanda; et io disidero che ella faccia il medesimo nelle cose mie, le quali io non son mai per approvare, se non quanto vi concorrerà il giudicio suo; le dico che io stimerei bene, che in quello si facesse mentione dell’Ode III di Pindaro, non solo perché assai bene descrive la cagione, et l’origine dell’ulivo dedicato ad Hercole, ma ancora per la nobiltà dello scrittore. Mi ricordo haver scritto à Vostra Signoria Illustrissima alcune cose intorno alla divisione del Tevere fiume, et allhora haverla rimessa à quello che ne scrive il Castalione nelle sue note all’itinerario di Rutilio, parte per brevità di scrivere, et parte per non levar ad altri le materie già trattate: hora essendo io pregato dal Castalione stesso, à scrivere sopra tal materia, io ho cominciato, anzi sto presso al fine, et contradico à fatto à tutta quella sua dottrina et questo basti intorno a ciò, per aviso: et per scarico mio, se parerà, che allhora io havessi data troppa fede all’amico. Ho havuto ultimamente una medglia di metallo mezana, latina di Hadriano, bella, et molto conservata, colla figura sedente, che calca co i piedi l’altra figura, secondo il solito con lettere COS III, senza altro. Scrissi à Vostra Signoria Illustrissima a lungo con l’occasione del Martegale del Navicellaio et l’avvisai delle male sodisfattioni, che io sentiva; che durano ancora: ho rinunciato il canonicato, ancor che con danno, et con poco gusto: ma in vero io non poteva più fare quell’esercitio. Ho mutato casa, et son andato in una assasi buona, alle scale di Aracoeli; nel resto s’io posso dar fine alle liti, che io ho, come non me ne dispero, vo pensando di levarmi di qua, per provare di vivere in queste il tempo che mi avanza. Io sto al solito servidore di Vostra Signoria Illustrissima così piacesse à Dio che non le fossi inutile come lo disidero sopra ogn’altra cosa, et le bacio la mano. Di Roma, li xxiii di settembre 1610.Di Vostra Signoria IllustrissimaServitore affettionatissimo Lelio Pasqualini” (Carpentras, Bibliothèque inguimbertine, Ms. 1831, f. 57r-v ; Carpita & Vaiani 2012, n° XXXIX, p. 228-9).